Il mito delle streghe

Secondo una leggenda popolare la città di Benevento sarebbe il luogo privilegiato dalle streghe che di notte si radunano intorno ad un noce sulle rive del fiume Sabato. La diffusione del mito delle streghe risalirebbe alla dominazione romana e al paganesimo.

Tuttavia, la leggenda del noce di Benevento si sarebbe diffusa intorno al VII sec. durante la dominazione longobarda ed il regno del duca Romualdo. Infatti, nonostante i dominatori si fossero formalmente convertiti al cattolicesimo non rinunciarono mai completamente alla loro fede pagana.

In particolare si racconta che avvessero iniziato a svolgere un singolare rito nei pressi del fiume Sabato: alcune donne urlanti giravano saltando intorno ad un enorme albero di noce da cui pendevano serpenti. Inoltre di frequente svolgevano un rito guerriero propiziatorio in onore del dio Wotan durante il quale alcuni guerrieri correvano in sella al proprio cavallo intorno ad un albero sacro a cui veniva appesa una pelle di caprone e la colpivano con le loro lance allo scopo di strapparne dei brandelli che poi mangiavano. I cattolici beneventani collegarono questi riti alla già diffusa credenza popolare nella stregoneria.

I guerrieri e le donne apparivano ai loro occhi l'incarnazione delle streghe, il caprone quella del diavolo, e le loro urla furono interpretate come riti orgiastici. Secondo la leggenda un sacerdote di nome Barbato accusò i longobardi di idolatria e quando Benevento fu assediata dai Bizantini nel 663 d.C., Romualdo promise a quest'ultimo che se fosse riuscito a salvare la città e l'intero ducato avrebbe rinunciato per sempre al paganesimo.

Infatti, le truppe bizantine si ritirarono e Romualdo rispettò la promessa fatta. Barbato divenuto nel frattempo vescovo di Benevento avrebbe fatto provvedere lui stesso all'abbattimento e all'estirpazione delle radici del noce maledetto e in più per scongiurare il malefico avrebbe fatto costruire e consacrare al suo posto una chiesa.

Tuttavia la leggenda delle streghe si diffuse soprattutto intorno al 1273 quando ritornarono a circolare racconti di riunioni notturne di donne intorno ad un albero sulle rive del fiume Sabato, idronomo da cui probabilmente deriva appunto il termine "sabba". Di conseguenza tutti credettero che si trattasse dell'albero abbattuto da San Barbato, risorto per opera del demonio.

Le streghe, identificate nel dialetto locale con il termine di "janare" da "janua" ossia "porta", per la loro capacità di passare attraverso le porte, erano considerate portatrici di sciagure, di infertilità e autrici di orrendi malefici soprattutto a danno degli infanti.

Ad esse si attribuivano malformazioni e malattie rare e tutto ciò che sembrava apparentemente inspiegabile. Intorno al XV la credenza era ormai così radicata che iniziò la cosiddetta "caccia alle streghe". 

Ianare: racconti

"Si narra che trattasi di una sorta di streghe malefiche che per rancore nei confronti di compaesani, di notte, al buio più completo, si intrufolano nelle case dei loro “nemici” ove ci sono bambini e li afferrano per i capelli trascinandoli per terra per tutta la casa. Il loro potere é quello di far sentire i bimbi in una sorta di dormiveglia che non consente loro di strillare, ma comunque di essere coscienti. Questo trattamento può essere ripetuto più volte con la conseguenza che i piccoli diventano inappetenti e malaticci: in alcuni casi sembra che per questi motivi siano morti.

Le ianare si tramandano da madre in figlia questi poteri malefici e pertanto si può ritenere che ancora oggi esistano, comunque se ne sente parlare molto meno. Possono essere catturate solamente con la luce, in quanto, come i vampiri, possono agire solamente a notte fonda in assenza di qualsiasi fonte luminosa.

Mio nonno, Giuseppantonio MAZZARO deceduto nel 1954, raccontava sempre che noi, suoi nipoti, eravamo esenti dal maleficio poiché lui, tornato dal fronte della guerra 1915->18, in una notte molto buia ne aveva catturata una. Per farlo aveva inserito una candela alimentata ad olio, come in uso a quel tempo, sotto una scatola cilindrica di latta ed era rimasto sveglio in attesa. Appena avuto sentore della presenza della ianara, presenza che si era manifestata con un leggero venticello, aveva sollevato la scatola scoprendo la candela accesa che aveva illuminato il locale. La ianara si era bloccata e non poteva muoversi: era completamente nuda, vecchia, brutta come la peste e molto tremante in quanto temeva le più dure ritorsioni.

Piangendo aveva chiesto perdono per tutte le malefatte e scongiurato mio nonno di non bastonarla, in cambio giurava di non toccare tutta la famiglia del nonno per sette generazioni. Questa testimonianza è esattamente quello che rammento e che periodicamente mi torna in mente: leggenda? Forse verità, non saprei, certo è che mio nonno era una persona davvero dabbene e non avrebbe raccontato frottole forse neanche per rassicurare i propri cari su timori che all'epoca erano abbastanza diffusi."

di Aurelio Ferrara

Superstizione e antiche credenze popolari

Mazzamauriello

Il “mazzamauriello” era una credenza molto diffusa nell’immaginario popolare beneventano e di numerose altre zone della Campania. Egli veniva descritto come uno spiritello domestico furbo, agile e dispettoso che di notte si divertiva a disturbare il sonno delle persone producendo rumori di vario tipo: rottura di piatti, colpi sordi, cigolii di porte; e soffiando nelle orecchie dei dormienti.

Questa strana creatura dal volto di fanciullo incorniciato da una cascata di riccioli d’oro era alta circa un paio di palmi ed indossava un cappello rosso dal quale non si separava mai. Nei racconti si narrava dei dispetti che il folletto faceva a coloro che non si erano comportati bene, oppure dei benefici che questi aveva apportato presso le famiglie che lo avevano "ospitato".

La sua permanenza nelle case, coincideva, molte volte, con periodi di prosperità e fortuna. Si racconta anche che egli conoscesse il nascondiglio di antichi tesori e che elargisse preziosi doni a chi lo ospitava nella sua casa, purché la sua presenza rimanesse segreta. Infatti, rivelare la sua presenza in casa propria significava attirarsi la sua antipatia e l’accadimento di probabili sventure.

Sembra che un tempo, molte donne, prima di mettersi a tavola, portassero nel solaio il pranzo allo spiritello, proprio per accattivarsene la benevolenza. Abbandonando un attimo il significato popolare del nome: il "Mazzamauriello" è lo spirito che "ammazza i mori o morelli - matas moros -", cioè i nemici, e quindi è provvidenziale per la casa il cui entra.

Il Malocchio

"Uocchi, contruocchi schiatam 'a mira e crepame l'uocchi"

Il malocchio, è un maleficio che può essere gettato per invidia da chiunque su qualcun altro e che procura a chi lo riceve dolorosi e ricorrenti mal di testa, oppure effetti ancora più gravi se l’autrice del malocchio è stata una “janara”.

Il malocchio può essere scacciato con un rito - un misto di paganesimo e religione - eseguito da qualche donna che sa toglierlo. Infatti, solo le donne possono eseguire questo rito che viene tramandato di generazione in generazione la notte della vigilia di Natale. In questa occasione, in genere la nonna, in una riunione segreta in cui sono ammesse solo le donne, spiega alle nipoti il rito e tramanda le formule da recitare per scacciare il malocchio.

Il rito consiste nel riempire un piatto d'acqua che viene ripetutamente passato sul capo della persona afflitta da mal di testa mentre si recita un susseguirsi di preghiere e formule incomprensibili o comunque recitate a mezza voce, anzi, appena sussurrate e, continui segni della croce descritti sul piatto e sul capo della persona oggetto del rito.

L'officiante, inoltre, intinge l'indice nell'olio d'oliva e ne fa cadere ogni tanto una goccia nel piatto colmo d'acqua. Le gocce spesso si allargano sino a sciogliersi, a volte assumono forme strane, altre restano intatte e ben definite. Secondo la tradizione, se le gocce d'olio si allargano o si sciolgono sino a scomparire significa che la persona cui si sta togliendo il malocchio ne è effettivamente affetto, se invece le gocce restano integre significa che il dolore accusato è dovuto ad altre cause. A volte, addirittura, dalla forma assunta dalle gocce d'olio che galleggiano sull'acqua, nel piatto, si può risalire all'autrice o all'autore del malocchio.

Ad esempio se queste si raggruppano in forme circolari simili a pendagli, si dice che siano orecchini, e indica che il malocchio è stato gettato per invidia o gelosia da qualche donna. Se il dolore persiste, bisogna procedere con altri due tentativi. Tuttavia, il rito non deve assolutamente essere ripetuto dalla stessa donna. In genere alla cerimonia, che dura pochi minuti, possono assistere anche altre persone che, anzi, in un momento particolare del rito vengono invitate a dire "benedica" ed a toccare contestualmente la persona afflitta dal malocchio.

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